Divisione Stampa e Informazione
COMUNICATO STAMPA N. 47/01
4 ottobre 2001
Il licenziamento di una lavoratrice a causa del suo stato di gravidanza rappresenta una
discriminazione diretta basata sul sesso, tanto nel caso in cui il suo contratto sia stato
concluso a tempo determinato quanto in quello in cui esso sia stato concluso a tempo
indeterminato
Nel giugno 1998 la sig.ra Jiménez Melgar è stata assunta dal comune di Los Barrios (Spagna) per
un periodo di tre mesi. Il suo contratto è stato rinnovato in due occasioni, fino al 2 maggio 1999.
Il 3 maggio 1999 la sig.ra Jiménez Melgar ha firmato un quarto contratto ad orario ridotto e a
tempo determinato. Come i precedenti, tale contratto non prevedeva una data di scadenza.
Tuttavia, il 12 maggio 1999, la sig.ra Jiménez Melgar ha ricevuto una lettera del comune che
annunciava la scadenza del contratto per il 2 giugno 1999.
Intanto, il comune era stato informato dello stato di gravidanza della sig.ra Jiménez Melgar. Il
bambino è nato il 16 settembre 1999.
La sig.ra Jiménez Melgar ha ritenuto di essere stata licenziata in modo discriminatorio ed in
violazione dei suoi diritti fondamentali. Di conseguenza, essa ha proposto dinanzi al giudice
competente un ricorso nei confronti del comune di Los Barrios.
Causa C-109/99
Nel giugno 1995 la sig.ra Brandt-Nielsen è stata assunta dalla Tele Danmark per un periodo di
sei mesi a partire dal 1° luglio 1995.
Nell'agosto 1995 la sig.ra Brandt-Nielsen ha informato la Tele Danmark di essere in stato
interessante e che il parto era previsto per l'inizio del mese di novembre. Il 23 agosto 1995 essa
è stata licenziata con decorrenza 30 settembre, per non aver informato la Tele Danmark della
gravidanza al momento dell'assunzione.
La sig.ra Brandt-Nielsen ha citato la Tele Danmark dinanzi al tribunale competente per ottenere
il versamento di un'indennità, in quanto il suo licenziamento era contrario alla normativa danese
riguardante la parità di trattamento.
Tale tribunale ha respinto la domanda in base al rilievo che la sig.ra Brandt-Nielsen, che era stata
assunta per un periodo di sei mesi, aveva omesso di segnalare di essere in stato interessante
all'atto del colloquio di assunzione, mentre il parto era previsto nel corso del quinto mese del
contratto di lavoro.
Il giudice adito in appello dalla sig.ra Brandt-Nielsen ha accolto il ricorso, in quanto il suo
licenziamento risultava connesso al suo stato di gravidanza.
La Tele Danmark ha proposto ricorso per cassazione. Tale impresa ha fatto valere che il divieto
di licenziamento di una lavoratrice gestante previsto dal diritto comunitario non si applica ad una
dipendente assunta a tempo determinato che, pur sapendo di essere in stato interessante al
momento della conclusione del contratto di lavoro, abbia omesso di informarne il datore di lavoro
e che, avendo diritto al congedo di maternità, non avrebbe potuto svolgere, per una gran parte
della durata del detto contratto, l'attività lavorativa per la quale essa è stata assunta.
I due giudici chiedono che la Corte di giustizia si pronunci sulla portata e sull'interpretazione delle
disposizioni comunitarie relative al principio di parità di trattamento tra uomini e donne in materia
di lavoro, le quali obbligano gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per vietare il
licenziamento delle lavoratrici nel periodo compreso tra l'inizio della gravidanza e il termine del
congedo di maternità, tranne nei casi eccezionali non connessi al loro stato.
Nella causa Jiménez Melgar la Corte sottolinea in primo luogo che la disposizione di cui trattasi
impone agli Stati membri, in particolare nella loro qualità di datori di lavoro, obblighi precisi, per
il cui adempimento essi non hanno alcun margine di valutazione. In caso di mancata trasposizione
da parte di uno Stato membro entro il termine prescritto (il che si era verificato in Spagna), essa
conferisce ai singoli diritti che questi possono far valere dinanzi ad un giudice nazionale nei
confronti delle autorità di tale Stato.
La Corte segnala poi che il divieto di licenziamento di donne gestanti sancito nelle disposizioni
comunitarie, le quali non operano alcuna distinzione a seconda della durata del rapporto di lavoro,
si applica tanto ai contratti di lavoro a tempo determinato quanto a quelli conclusi a tempo
indeterminato.
Ciononostante, la Corte ammette che il mancato rinnovo di un contratto di lavoro a tempo
determinato quando questo è giunto alla sua normale scadenza, non può essere equiparato ad un
licenziamento e, di per sé, non è in contrasto con il diritto comunitario.
Tuttavia, in determinate circostanze, il mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato può
essere considerato alla stregua di un rifiuto di assunzione. Ora, secondo la Corte, un rifiuto
d'assunzione per motivo di gravidanza di una lavoratrice, pur giudicata idonea a svolgere l'attività
di cui trattasi, rappresenta una discriminazione diretta basata sul sesso. Spetterà al giudice
nazionale stabilire se il mancato rinnovo del contratto della sig.ra Jiménez Melgar sia stato
effettivamente motivato dal suo stato interessante.
Nella causa Brandt-Nielsen il datore di lavoro in questione ha fatto valere che il divieto di
licenziamento di una lavoratrice gestante previsto dal diritto comunitario non si applica nel caso
di specie. In realtà, la ragione determinante del licenziamento non sarebbe stata la gravidanza in
sé, ma il fatto che la sig.ra Brandt-Nielsen non avrebbe potuto adempiere una parte sostanzialedel contratto. Inoltre, il fatto che quest'ultima abbia omesso di informare il datore di lavoro in
merito al proprio stato, pur sapendo che, in conseguenza del proprio stato interessante, non
avrebbe potuto svolgere l'attività lavorativa per una parte rilevante della durata del contratto,
costituirebbe inadempimento del dovere di lealtà che si impone nei rapporti tra lavoratori e datori
di lavoro, tale da giustificare di per sé il licenziamento.
La Corte rammenta di avere già affermato che il rifiuto di assunzione a causa dello stato
interessante non può trovare giustificazione in motivi relativi al danno economico eventualmente
subìto dal datore di lavoro in caso di assunzione di una donna incinta durante tutto il periodo di
assenza per maternità, o dal fatto che la donna assunta non possa occupare, durante il periodo
della sua gravidanza, il posto in questione.
Considerato che il licenziamento di una lavoratrice a causa del suo stato interessante rappresenta
una discriminazione diretta basata sul sesso, quali che siano la natura e l'entità del danno
economico subìto dal datore di lavoro a causa dell'assenza dovuta alla gravidanza, la circostanza
che un contratto sia stato concluso per un tempo determinato o indeterminato è irrilevante quanto
al carattere discriminatorio del licenziamento. In ambedue i casi, l'incapacità della dipendente di
eseguire il suo contratto di lavoro è infatti dovuta alla gravidanza.
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