L'impresa DaimlerChrysler ha contestato la legittimità del regolamento e nel 1996 ne ha chiesto
l'annullamento dinanzi ai tribunali tedeschi. Essa si ritiene infatti svantaggiata dall'obbligo di
denuncia ad un impianto per l'incenerimento tedesco perché le viene impedito di far incenerire
all'estero, in particolare in Belgio, dove si praticano prezzi più vantaggiosi, i rifiuti prodotti dai
suoi stabilimenti del Land Baden-Württemberg. Il trasporto dei rifiuti sino all'impianto di
Amburgo, distante tra i 600 e gli 800 km dai suoi stabilimenti, le causerebbe maggiori spese, che
ammontano a DEM 2,2 milioni l'anno (circa EUR 1,1 milione).
A fondamento del ricorso, la DaimlerChrysler ha osservato in particolare che tale obbligo
imposto dal regolamento sarebbe contrario alla libera circolazione delle merci consacrata dal
Trattato CE. Secondo l'impresa tedesca, il suddetto obbligo sarebbe anche contrario alla direttiva
comunitaria relativa ai rifiuti e al regolamento comunitario relativo alla sorveglianza e al
controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata
e in uscita dal suo territorio.
La direttiva invocata, che mira ad armonizzare le normative nazionali in materia di smaltimento dei rifiuti, stabilisce la necessità di rispettare in tale ambito i principi della vicinanza, della priorità al ricupero e dell'autosufficienza.
Il Bundesverwaltungsgericht, investito della controversia, ha chiesto alla Corte di giustizia delle
Comunità europee talune precisazioni su varie disposizioni al fine di poter valutare la
compatibilità con il diritto comunitario delle norme nazionali impugnate.
La Corte constata che il regolamento comunitario ha definito a livello comunitario, in modo
armonizzato, le norme applicabili alle spedizioni di rifiuti, per una finalità di tutela dell'ambiente.
Pertanto, qualsiasi provvedimento nazionale relativo alle spedizioni di rifiuti deve essere
valutato in rapporto alle disposizioni di tale regolamento e non agli articoli del Trattato CE
inerenti alla libera circolazione delle merci.
Secondo il regolamento tedesco, l'autorizzazione a esportare i rifiuti che non possono essere
smaltiti dall'agenzia per i rifiuti speciali è subordinata a un requisito di conformità delle modalità
di smaltimento dei suddetti rifiuti ai presupposti della normativa tedesca relativa alla tutela
dell'ambiente.
La Corte ritiene che il regolamento comunitario non autorizza uno Stato membro a porre
un tale requisito.
Infatti, i casi in cui gli Stati membri possono opporsi alle spedizioni di rifiuti sono tassativamente
elencati nel regolamento comunitario e, quando le restrizioni alle spedizioni sono previste da una
misura normativa avente portata generale, esse devono essere motivate esclusivamente dai
principi della vicinanza, della priorità al ricupero e dell'autosufficienza.
Secondo la Corte, la normativa tedesca costituisce una misura di divieto delle spedizioni di
rifiuti aventi portata generale.
Orbene, essa non può essere innanzi tutto considerata come diretta ad attuare il principio
della vicinanza, poiché non prende assolutamente in considerazione la vicinanza dell'impianto
di smaltimento indicato.
Inoltre, il principio della priorità al ricupero, a norma del quale gli Stati membri devono
adottare le misure appropriate per promuovere il ricupero dei rifiuti, per definizione non può
essere attuato da una normativa nazionale come quella in esame, il cui scopo è di individuare
l'impianto di smaltimento in cui potranno essere eliminati i rifiuti.
Infine, la Corte rileva che il requisito previsto dalla normativa tedesca non contribuisce affatto
all'attuazione del principio dell'autosufficienza, in quanto si applica esclusivamente nei casi in
cui i rifiuti, non potendo essere smaltiti da un impianto appartenente all'ente riconosciuto
preposto all'eliminazione del suddetto materiale, siano comunque inviati a un impianto di
smaltimento indicato dal produttore o dal detentore dei rifiuti. Tale principio, che risulta dalla
direttiva comunitaria relativa ai rifiuti, mira a consentire alla Comunità nel suo insieme di
raggiungere l'autosufficienza in materia di smaltimento dei rifiuti e ai singoli Stati membri di
perseguire tale obiettivo, mediante una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento.
La Corte precisa invece che il principio dell'autosufficienza, in linea di massima, può giustificare
l'obbligo previsto da una normativa nazionale di denunciare i rifiuti destinati allo smaltimento
a un ente locale riconosciuto, al fine di garantire un livello di attività indispensabile alla
redditività degli impianti di smaltimento che il suddetto ente controlla.
Pertanto, l'autorità giudiziaria tedesca ha interrogato la Corte di giustizia in merito alla
conformità del procedimento specifico imposto dal regolamento nazionale al produttore o al
detentore di rifiuti che intendano trasferire o far trasferire questi ultimi.
La Corte replica che il regolamento comunitario in materia di spedizioni di rifiuti ha armonizzato
anche il procedimento particolare applicabile a tali spedizioni e che il suddetto procedimento
garantisce a colui che intenda spedire i rifiuti che sarà informato entro termini precisi, a decorreredalla notifica del progetto di spedizione alle autorità competenti, in merito all'eventuale
autorizzazione della spedizione.
Essa conclude che, poiché il regolamento del Consiglio relativo alla sorveglianza e al
controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata
e in uscita dal suo territorio prevede un procedimento di notifica contraddistinto da precisi
termini, non può essere imposto a livello nazionale alcun altro procedimento che preceda
il procedimento comunitario.
Lingue disponibili: tedesco, inglese, francese, italiano Per il testo integrale della sentenza consultare la nostra pagina Internet www.curia.eu.int verso le ore 15 di oggi. Per maggiori informazioni rivolgersi alla dott.ssa E. Cigna tel. (352) 43 03 25 82 fax (352) 43 03 26 74. |