Divisione Stampa e Informazione

COMUNICATO STAMPA n. 22/02


7 marzo 2002

Sentenza della Corte nella causa C-310/99

Repubblica italiana / Commissione delle Comunità europee


IL REGIME ITALIANO DEGLI AIUTI RELATIVI AL CONTRATTO DI FORMAZIONE E LAVORO E' IN PARTE INCOMPATIBILE CON IL MERCATO COMUNE

Il ricorso della Repubblica italiana è respinto e le autorità italiane dovranno recuperare gli aiuti concessi



L'Italia ha chiesto alla Corte di giustizia l'annullamento della decisione adottata nel 2000 con la quale la Commissione considera il regime italiano degli aiuti relativi al "contratto formazione e lavoro" (in prosieguo: "CFL") incompatibile con il mercato comune e dispone che gli aiuti siano recuperati presso i beneficiari.

La Commissione nel 1995 ha pubblicato degli orientamenti riguardanti gli aiuti all'occupazione e ha rilevato negli Stati membri un'intensificazione delle azioni a favore delle categorie svantaggiate (come i disoccupati di lunga durata, i giovani e i lavoratori anziani). A questo riguardo ha indicato che siffatte misure non dovevano però pregiudicare gli sforzi effettuati per ridurre le distorsioni in materia di concorrenza.

L'Italia ha adottato una prima legge, la n. 863/84, che ha introdotto - su scala nazionale - il CFL, cioè un contratto a durata determinata, comprensivo di un periodo di formazione per l'assunzione di disoccupati di non più di 29 anni. I datori di lavoro beneficiavano per tali impieghi di un'esenzione dagli oneri sociali per due anni.

Leggi successive hanno modificato le modalità di applicazione del CFL, definito pertanto come un contratto di lavoro a durata determinata per l'assunzione di giovani dai 16 ai 32 anni. Tale limite di età poteva essere innalzato a discrezione delle autorità regionali (leggi regionali hanno previsto 35 anni per il Lazio, 38 anni per la Calabria, 40 anni per la Campania, l'Abruzzo e la Sardegna, nonché 45 per la Basilicata, il Molise, la Puglia e la Sicilia). Un primo tipo di CFL, della durata massima di 24 mesi è caratterizzato da un programma di formazione destinato a conferire al lavoratore una qualifica specifica. Un secondo tipo, della durata di un anno, comporta un livello di formazione meno elevato.
Le assunzioni mediante CFL danno luogo a sgravi o esenzioni degli oneri sociali per tutta la durata del contratto, alla duplice condizione che il datore di lavoro non abbia ridotto i suoi effettivi nei dodici mesi precedenti e che tutti contratti di lavoro CFL o parte di essi siano divenuti a durata indeterminata.


La Commissione ha ritenuto che gli aiuti illegittimamente concessi (perché non notificati) dopo il novembre 1995 sono compatibili con il mercato comune unicamente se riguardano creazioni di posti di lavoro destinati ai giovani con meno di 25 anni, ai laureati fino a 29 anni compiuti e ai disoccupati da almeno un anno. Al di fuori di questi casi considera gli aiuti incompatibili con il mercato comune. Inoltre considera che gli aiuti che hanno come effetto la trasformazione di contratti a durata determinata in contratti a durata indeterminata sono legittimi solo se danno luogo a un'effettiva creazione di posti di lavoro, cioè a posti di lavoro supplementari nell'impresa. Di conseguenza la Commissione ha ordinato all'Italia di recuperare presso i beneficiari che non soddisfano tali criteri gli importi degli aiuti nonché gli interessi che essi hanno prodotto.

Nel ricorso l'Italia ha chiesto alla Corte di annullare la decisione della Commissione (se del caso parzialmente, per quanto riguarda il recupero degli aiuti). Sostiene, in linea generale, che la Commissione ha adottato la sua decisione unicamente sulla base di considerazioni economiche, senza tener conto dell'importanza del CFL come strumento d'intervento sul mercato del lavoro.

La Corte ricorda che, nell'ambito dell'applicazione dei principi per la salvaguardia della libera concorrenza, la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità e che la Corte non può sostituire la sua valutazione a quella della Commissione. Del resto, la Corte sottolinea che il carattere sociale degli interventi statali in tale settore non è sufficiente a esimerli dalla qualifica di aiuti di Stato. Infatti, la giurisprudenza della Corte ha consentito di qualificare con esattezza la nozione di aiuto, la quale viene intesa come i vantaggi consentiti dalle pubbliche autorità che, sotto forme diverse, alleviano gli oneri che di norma gravano sul bilancio di un'impresa. Per valutare la compatibilità di tali aiuti con il mercato comune, la Commissione può darsi delle linee direttrici, mediante atti, come gli orientamenti, che l'Italia non ha del resto contestato.

La Corte considera che leggi italiane relative al CFL costituiscono un programma di aiuti illegittimi in parte incompatibili con il mercato comune: infatti, gli aiuti al mantenimento dell'occupazione sono in linea di principio vietati e possono essere autorizzati soltanto in casi eccezionali. Essi debbono essere degressivi e limitati nel tempo, il che non ricorre nella specie.

Del resto, la categoria dei giovani è definita - in modo generale - negli orientamenti. La Commissione pertanto nell'esercizio del suo potere discrezionale di valutazione era legittimata a interpretare tale nozione nel contesto più generale delle varie azioni condotte a favore dei giovani a livello comunitario e a livello degli Stati membri, nonché nei documenti dell'Ufficio internazionale del lavoro.

Per quanto riguarda la restituzione degli aiuti, la Commissione ricorda che si tratta della conseguenza logica della soppressione di un aiuto illegittimo, che ha come finalità quella di ripristinare la situazione precedente. Con la sua comunicazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee la Commissione aveva informato i potenziali beneficiari di tali aiuti della loro precarietà e dell'eventualità di doverli restituire (nel caso in cui fossero stati illegittimamente concessi).

Uno Stato membro non può invocare il legittimo affidamento dei beneficiari di aiuti illegittimi per sottrarsi alle misure necessarie per il loro recupero. Parimenti, il timore di difficoltà interne non può giustificare che uno Stato membro non osservi gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto comunitario.

Per contro, la Corte non esclude che i beneficiari possano invocare circostanze eccezionali che hanno potuto legittimamente ingenerare il loro affidamento nel carattere regolare di tale aiuto e opporsi al suo rimborso. In questo caso spetta al giudice nazionale eventualmente adito valutarne le circostanze.

N.B.: Due altre cause sono attualmente pendenti dinanzi al Tribunale di primo grado (cause T-124/00, Federdistribuzione/Commissione, e T-126/00, Confindustria/Commissione), ambedue sospese fintantoché la Corte non avrà deciso la presente causa. Siamo a vostra disposizione per tutte le informazioni al riguardo.


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