La direttiva del 1993, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici
e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli
distingue, in merito ai titoli di formazione medica specialistica, tra due situazioni:
* i titoli che sono oggetto di un riconoscimento
automatico e incondizionato tra gli Stati membri (ai quali non si estende la
sentenza);
e
* i titoli che consentono al medico di esercitare nel
suo Stato membro di origine un'attività medica corrispondente in una certa
misura, ma non in modo formale, alla specializzazione medica che egli intende
esercitare nello Stato membro ospitante.
La direttiva dispone, per quanto riguarda quest'ultima situazione, che lo Stato
membro ospitante può esigere che i medici migranti assolvano una formazione
complementare. Tuttavia, essa obbliga lo Stato membro ospitante a tener conto
dei periodi di formazione specialistica compiuti dai medici migranti e sanzionati
da un titolo, quando tali periodi corrispondono a quelli richiesti nello Stato
membro ospitante per la specializzazione in questione.
La Commissione ritiene che il suddetto obbligo non sia stato correttamente
trasposto dal legislatore spagnolo poiché tali medici migranti devono sottostare
al concorso nazionale di Médico Interno Residente (medico internista residente).
Il MIR non costituisce un concorso a fini di assunzione ma un esame di Stato
concepito per coloro che intendono iniziare una formazione di medico specialista.
Secondo la Commissione, sebbene lo Stato membro abbia la facoltà di esigere
una formazione complementare dopo aver esaminato i titoli, non può sistematicamente
subordinare l'accesso a tale formazione al superamento del MIR.
Il governo spagnolo adduce che tale concorso introduce un procedimento oggettivo fondato sui principi del merito e delle attitudini. Si tratta di un procedimento di assegnazione dei posti esistenti che sono limitati, la qual cosa costringe quindi le autorità ad attribuirli. D'altronde, la Spagna osserva che il fatto di dispensare da tale prova i medici migranti interessati potrebbe consentire ai medici spagnoli di eludere il sistema del MIR seguendo semplicemente una formazione molto breve in un altro Stato membro.
La Corte dichiara che la finalità della direttiva del 1993 è di agevolare
la mobilità di quei medici che siano cittadini comunitari e abbiano seguito
una formazione medica specialistica, stabilendo norme e criteri comuni che portino,
per quanto possibile, al reciproco riconoscimento dei titoli. Essa rammenta
che, qualora sia necessario assolvere una formazione complementare, la direttiva
obbliga lo Stato membro ospitante a prendere in considerazione, quando stabilisce
la suddetta formazione, la qualificazione professionale dell'interessato
La Corte statuisce pertanto che l'assolvimento di una formazione complementare
può riguardare solo ambiti che, secondo la normativa nazionale dello
Stato membro ospitante, non siano già disciplinati dai titoli di formazione
in possesso dell'interessato. Imporre, in linea di principio, ai
medici migranti che abbiano perfezionato la loro formazione specialistica in
altri Stati membri la partecipazione indifferenziata al concorso MIR al
quale i medici generici, privi di una formazione specialistica, devono sottoporsi
e, di conseguenza, contraria alla direttiva del 1993.
Pertanto, la Corte dichiara che la Spagna ha omesso di trasporre correttamente
la direttiva del 1993.
Tuttavia, la Corte respinge il ricorso della Commissione per quanto riguarda
l'obbligo, imposto dall'ordinamento spagnolo, di appartenenza al sistema sanitario
nazionale al fine di ottenere il rimborso della prestazione medica. Secondo
la Corte, tale punto eccede l'ambito della direttiva, atteso che quest'ultima
non pregiudica la competenza degli Stati membri a organizzare il loro regime
nazionale di sicurezza sociale.
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