Divisione Stampa e Informazione

COMUNICATO STAMPA N. 27/04

1º aprile 2004

Sentenza della Corte nella causa C-99/02



Commissione delle Comunità europee / Repubblica italiana


LA CORTE CONDANNA L’ITALIA PER NON AVER ADOTTATO ALCUNA MISURA PER RECUPERARE GLI AIUTI ILLEGITTIMAMENTE CONCESSI PER L’ASSUNZIONE DI LAVORATORI MEDIANTE CONTRATTI DI FORMAZIONE E LAVORO


Eventuali difficoltà giuridiche, politiche e pratiche al momento del recupero dell’aiuto non giustificano l’inattività dello Stato



Nel 1995, la Commissione europea ha pubblicato orientamenti in materia di aiuti all’occupazione. L’intensificazione delle iniziative dirette all’occupazione di categorie svantaggiate sul mercato del lavoro figura tra i settori prioritari definiti dagli Stati membri nei loro orientamenti in materia di occupazione. Gli orientamenti comunitari indicano tuttavia che tali misure non possono arrecare pregiudizio agli sforzi intentati parallelamente dalla Commissione per ridurre le distorsioni in materia di concorrenza.

L’Italia aveva introdotto, nel 1984, il contratto di formazione e lavoro, un contratto a tempo determinato, comprensivo di un periodo di formazione per l’assunzione di disoccupati di età inferiore a 30 anni. I datori di lavoro beneficiavano per tali assunzioni di un'esenzione dagli oneri sociali per un periodo di due anni.

La Commissione, in una decisione adottata nei confronti dell’Italia nel 1999, ha ritenuto che sono compatibili con il mercato comune:

gli aiuti per l’assunzione di lavoratori mediante contratti di formazione e lavoro, illegittimamente concessi dall’Italia dal 1995, purché riguardino sia la creazione di nuovi posti di lavoro nell’impresa beneficiaria a favore di lavoratori che non hanno ancora trovato un impiego o che l’hanno perso, sia l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro, ossia i giovani con meno di 25 anni (o 29 anni per i laureati) e i disoccupati di lunga durata;

gli aiuti per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato, concessi in virtù di una legge del 1997, purché contribuiscano alla creazione netta di posti di lavoro secondo gli orientamenti comunitari in materia.

Invece, gli aiuti incompatibili con il mercato comune avrebbero dovuto essere recuperati presso le imprese beneficiarie, entro un termine di due mesi (a decorrere dalla data di notifica della decisione), scaduto il 4 agosto 1999.

Nel 2002, la Corte di giustizia ha respinto il ricorso dell’Italia, diretto all’annullamento della decisione della Commissione.

Nella causa attuale, la Commissione ha sostenuto che l'Italia non ha ancora adottato tutte le misure necessarie per conformarsi all’obbligo di recuperare presso le imprese beneficiarie gli aiuti illegittimamente versati.

L’Italia, per giustificare il mancato recupero delle somme, ha fatto valere le difficoltà riscontrate per individuare i beneficiari degli aiuti illegittimi e i dubbi sull’ammontare dell’importo da recuperare. Essa ha confermato la sua intenzione di adempiere ai suoi obblighi ed auspicato che vengano definiti, di comune intesa dalle autorità comunitarie ed italiane, i criteri per evitare il rischio di un contenzioso nazionale e comunitario di proporzioni imprevedibili.

La Corte ricorda, innanzi tutto, che la sola logica conseguenza dell’accertamento dell’illegittimità di un aiuto è la sua soppressione mediante recupero e che la sola giustificazione adducibile dallo Stato membro è l’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione della Commissione. Non è sufficiente, per uno Stato membro, comunicare alla Commissione il timore di difficoltà giuridiche, politiche o pratiche nell’esecuzione della decisione, senza intraprendere alcuna reale iniziativa presso i beneficiari, né proporre alla Commissione modalità alternative.

Inoltre, lo Stato membro non può assolutamente invocare il legittimo affidamento dei beneficiari degli aiuti illegittimamente concessi: in caso contrario, le autorità nazionali potrebbero far valere il proprio illegittimo comportamento al fine di vanificare l’efficacia delle decisioni emanate dalla Commissione in virtù del Trattato. Peraltro, con una comunicazione della Gazzetta ufficiale, la Commissione aveva informato i potenziali beneficiari della precarietà degli aiuti concessi illegittimamente. In ogni caso, la Corte ricorda che l’affidamento legittimo circa la regolarità dell’aiuto, invocato da un beneficiario di un aiuto illegittimo per opporsi al rimborso, deve essere valutato dal giudice nazionale.

La Corte dichiara quindi che il governo italiano non ha adottato alcuna misura necessaria per il recupero, né alla data indicata dalla decisione (2 mesi dalla notifica), né al momento della presentazione del presente ricorso per inadempimento. Inoltre, alla data dell’udienza della presente causa (18 settembre 2003), il governo italiano non aveva ancora intrapreso alcuna iniziativa concreta presso i beneficiari. Per tali ragioni, l’Italia non ha dimostrato l’impossibilità di esecuzione e non può addurre una pretesa mancanza di cooperazione da parte della Commissione.


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Sentenza 7 marzo 2002, nella causa C-310/99, Italia /Commissione, e relativo comunicato stampa.
GU 1983, C 318, pag. 3.